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Un articolo su “Le fiabe sono vere!”

29/09/2013

“La fiaba e il mito: una battaglia decisiva per dare un senso alla propria vita”

di Maria Rosa Irrera

 

Potete leggere l’articolo andando al seguente link di Resapubblica.it:

http://www.resapubblica.it/it/cultura-societa/3383-la-fiaba-e-il-mito-una-battaglia-decisiva-per-dare-un-senso-alla-propria-vita

oppure  qui di seguito:

 

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“Le fiabe sono vere!” è l’espressione di Calvino che dà nome e slancio al coinvolgente incontro tenutosi il 24 settembre al Goethe-Institut a Palermo, condotto dall’attore Alberto Nicolino. E chi si occupa di fiabe nei tempi in cui i bambini non credono a Babbo Natale e i ragazzi credono a Maria De Filippi, sa che non basta il punto esclamativo, e sa, soprattutto, di dover avere modi decisi e molta, fantasiosamente solida, fiducia… di fronte alle rigide certezze dei conformismi sociali, da una parte, e alla feconda incompiutezza della narrazione, come, ancora di più, della vita, dall’altra.

Ogni narrazione nasce infatti dall’operare una selezione significativa nel “pieno” caotico degli eventi e, al tempo stesso, dall’affrontare creativamente un “vuoto”… e realizza nella felicità artistica del suo dipanarsi questa origine conflittuale: tra formule ripetute, ancoraggi rituali d’inizio e (lieto?) fine, e l’ombra lunga dell’infinito che permette sempre di ricominciare e di sapere di non sapere come andrà a finire… Se, dunque, gli estremi del racconto fiabesco appaiono tendenzialmente rassicuranti, tra gloriose distanze (c’era una volta: mica ora!) e sterminate praterie di “felicità” così monotone che non vale la pena di sprecare altro inchiostro…, all’interno della fiaba si danno reciprocamente vita e battaglia i conflitti alla radice dell’esperienza umana: “femminile e maschile” sarà, ad esempio, il tema della quarta edizione del Laboratorio sulla fiaba rivolto agli adulti “Il mondo incantato” che Nicolino terrà a Palermo nel mese di ottobre.

Si tratta di una battaglia decisiva: quella per capire il mondo e dare significato alla propria vita, della quale si è contemporaneamente registi e attori, narratori e protagonisti, come ha evocato l’intenso racconto-viaggio di Alberto Nicolino, tra dialogo e recitazione, sulla sella lunare dei versi dell’Orlando furioso, nei vividi boschi dei fratelli Grimm, sulle soglie ancora vive della tradizione orale siciliana. È una battaglia vera: all’ultimo sangue, con accenti di crudeltà che spesso si perdono negli echi edulcorati che arrivano ai più, oppure è la battaglia poco eroica, ma anche in questo “vera”, di Orlando e Rinaldo… a disegnare quelle appassionate invisibili geometrie metaletterarie che legano, tanto per fare alcuni nomi, Ariosto, Calvino, Fenoglio…

E in effetti, forse, il senso più profondo di incontri come quello svoltosi al Goethe Institut (e della narrazione stessa), sta in una sorta di sfida e di “resistenza alla realtà” come meccanismo senza senso di dogmi e convenzioni, di doveri e piaceri (e di dover piacere), come potere che annienta le possibilità di comprensione e di creazione che ogni essere umano porta in dono (essendo “a immagine e somiglianza” di Dio).

Chi si accosta, o “viene accostato”, dall’universo fiabesco e mitico sa che il suo vero compito non è reiterare logori schematismi già ampiamente in uso e abuso nell’ingranaggio mediatico, “belli/brutti”, “buoni/cattivi” etc. (già a combinare queste categorie sorgono però i primi problemi), ma offrire all’intelligenza emotiva possibilità di senso nel “libro degli eventi sempre aperto a metà” (W. Szymborska), e non è proprio una cosa da ragazzi!

La fiaba e il mito sono allora delle vere e proprie miniere semantiche nelle quali scendere ad alleggerire e approfondire allo stesso tempo il proprio essere. Dentro queste miniere c’è tutto: persino la descrizione angosciosamente nitida di uno stupro (ad opera niente di meno che di un principe!) ne “La serpe che testimoniò in favore di una ragazza” (raccolta nelle “Fiabe siciliane” di Laura Gonzenbach), letta da Nicolino. Fiaba molto interessante anche perché sembrerebbe configurare una sorta di tardivo “risarcimento” per l’inganno di quel lontano parente della serpe in quel certo giardino… o, agli occhi dei maligni, sembrerebbe ribadire un’alleanza molto, molto antica… per cui le donne ne saprebbero una più del diavolo (cosa, peraltro, sempre sostenuta dai potenti sudditi di Sua Maestà la Realtà di cui sopra).

E in questo pozzo mitico profondo cangiante di cose, nomi e significati, di volta in volta celati, scoperti, condivisi e persino rovesciati, non meraviglia che un romanzo come “Lolita” sia pieno di elementi fiabeschi che accentuano con grande efficacia artistica lo stridore tra la “leggerezza d’essere” infantile e il macigno di una passione morbosa, rimarcando la profondità e complessità umana di entrambe le cose: anche perché Lolita, la “bambina”, fa l’adulta e di fiabe proprio non ne vuole sapere, mentre Humbert, l’ “adulto”, è nella verità letteraria una sorta di “pedofilo dimezzato”, terribilmente infantile.

E ritorniamo così nei boschi dei giorni nostri, popolati di bambini adulti e adulti bambini, dove si fa prima a consumare che a dare significato, dove i sogni malnutriti diventano pezzi di ingranaggi mediatici e di rapporti di forza… oppure… se vengono nutriti dalla vera cultura (che è rispetto della propria e altrui libertà creativa)… si possono trasformare in fiabe… Le fiabe sono vere (questo è sicuro!). E noi?”

Maria Rosa Irrera